Tra tutte le immagini che sono servite a costruire le mie impressioni e i miei ricordi delle fasi finali del CIV 2013 ce n’è stata una che, sopra a tutte, mi ha dato la cifra di cosa significhi partecipare a questo gioco delle emozioni: un signore, un motorista, l’artefice del comportamento delle moto di un team, un uomo che nella sua vita ha raggiunto traguardi importanti, nella sua attività, in box e in campionati mondiali, ben più blasonati di un Campionato Italiano, che di fronte ad un risultato finalmente positivo e promettente, dopo il cambio delle guide delle sue moto, non è riuscito a trattenere le lacrime.
Ernesto Monaco, il patron del “Monaco Racing Team” insieme al figlio Alberto, è un uomo che per quello che ha vinto in carriera, nel suo lavoro lontano dai riflettori che avvolgono i piloti — che, comunque, senza di lui non potrebbero vincere — potrebbe smettere le levatacce per trasferirsi da un circuito ad un altro, per montare nel box tutto quello che serve per renderlo funzionale, ma è ancora capace di emozionarsi alle lacrime per una cosa che ricade sotto la voce “Passione”, quella con la “P” maiuscola. Sono vecchio nel rapporto con lo sport agonistico e, lo giuro, assistere ad una così palese manifestazione liberatoria di emozione e di gioia continua a coinvolgermi intimamente.
Ma andiamo con ordine, visto che questo mio sarebbe dovuto essere un semplice resoconto giornalistico del week end di gare sullo splendido circuito del Mugello.
Finalmente il meteo è stato quello che sarebbe dovuto essere in tutte le gare, e che non è mai stato: giorni di sole con temperature ancora estive ma non torride come quelle registrate a Imola o a Misano, e senza le piste “wet” (e fredde) degli altri round.
Si avvertiva l’atmosfera diversa già dal giovedì, con i motorhome e i camper che si inserivano pian piano nel paddock, un’atmosfera un po’ da ultimo giorno di scuola, un’eccitazione strana che non sai spiegare bene ma sai leggere nei gesti e nei volti della gente. Anche in quelli di Ernesto e di Alberto Monaco.
Sebbene, per ragioni tecniche, il team abbia cambiato pilota proprio all’ultima corsa, schierando qui in Toscana due giovani, agguerriti driver, avvertivi subito uno stato d’animo nel box, fatto da un misto di impazienza e di aspettative “positive”, una voglia di lottare, per un risultato importante e raggiungibile, che si era un po’ appannato nelle ultime tappe.
Giovedì i primi giri di “assaggio”, poi venerdì le prove libere, con una pista che alle prime ore di apertura del circuito era ancora ammantata da una nebbiolina che sembrava voler portare il saluto dell’autunno in arrivo. Prove ancora poco significative perché, proprio per questa nebbiolina e per l’umidità che inevitabilmente portava con sé, la pista non poteva dare responsi affidabili, le moto migliori giravano sul piede del “56” alto, e i due Federico, Caricasulo e Monti, erano su quei tempi, e qui l’episodio di cui all’inizio di questa cronaca: Monti si piazzava al secondo posto e Caricasulo al terzo, da qui il pianto liberatorio e felice di Ernesto Monaco, tenero ed emozionante nel suo pudore.